“Pornotopia” di Paul B. Preciado (Fandango)

Prima di parlare specificatamente di Pornotopia è giusto fare delle precisazioni sull’autore. Che Paul B. Preciado sia tra le voci più autorevoli degli studi di genere è un dato di fatto da ormai più di dieci anni. Fandango lo ripropone ai suoi lettori in una nuova veste, riconfermando l’interesse e l’ottima selezione di titoli che offre nell’ambito dei gender studies. Preciado è infatti tra i pesatori che hanno elaborato una delle filosofie più solide nell’ambito del post-strutturalismo – proseguendo gli studi sui meccanismi di controllo condotti da Michel Foucault e sulla questione dell’identità di Jaques Deridda –, diventando un punto di riferimento e pensatore cult della teoria queer. A partire dai suoi primi studi condotti in Francia, il successo del suo pensiero verrà sancito con la pubblicazione del Manifesto controsessuale, testo che è stato preso come punto di riferimento da intellettuali che già nel campo avevano partecipato con importanti contributi come Judith Butler, Donna Haraway o Teresa de Laurentis.

 


L’era farmacopornografica

Se Foucault aveva denunciato il passaggio da regime disciplinare a regime di controllo, Preciado in Testo tossico aveva identificato l’era farmacopornografica come un’ulteriore evoluzione del potere biopolitico foucaultiano (un nuovo regime di controllo del corpo e della produzione di soggettività che si avvia con l’emergere di nuovi materiali sintetici per il consumo e la modificazione somatica). Tutto questo ha comportato un processo di soggettivazione avvenuto attraverso un’economia libidinale (e qui si sentono gli echi di Pasolini quando commentava la pubblicità dei jeans Jesus). In poche parole, la forza lavoro è sostituita dalla potentia gaudenti che diventa motore del capitalismo.

Architettura e mascolinità: la pornotopia

Questa breve e non esauriente premessa – inquadrato appunto il posto in cui si colloca il pensiero di Preciado – aiuterà nell’esporre i concetti presenti in Pornotopia. Playboy: architettura e sessualità.

Oltre al master che ha conseguito in studi di genere, Preciado è anche professore presso Princeton in Filosofia e Teoria dell’architettura. In questo saggio infatti unisce i due campi del sapere: l’architettura, lo spazio domestico occupato dal soggetto politico, e l’attenzione alla rivoluzione sessuale che porterà alla creazione di un vero e proprio immaginario culturale, anzi una vera e propria sovranità culturale avvenuta attraverso un barthesiano processo di mitizzazione.

Alla base del saggio, che è un sunto della sua tesi di dottorato, c’è l’idea che i mutamenti dell’architettura possano aiutare a comprendere il processo di soggettività avvenuta negli Stati Uniti durante il secondo dopoguerra (che coincide con l’inizio dell’era farmacopornografica). Preciado vede nella creazione di spazi post-domestici, come la Playboy Mansion, un dispositivo di controllo dell’identità di genere e la creazione di una nuova mascolinità, intesa come prodotto storico-culturale a discapito di ogni determinismo. Durante una notte insonne l’interesse di Preciado verso la rivista di Playboy fa germogliare l’idea di un’esperimento di critica culturale:

È così che Playboy ha finito con l’essere un laboratorio critico per esplorare l’emergere di un nuovo discorso sul genere, la sessualità, la pornografia, la domesticità e lo spazio pubblico durante la Guerra fredda.

Il fenomeno Playboy rappresentò in quegli anni una sfida all’eterosessualità e alla monogamia incarnata da una rivista e dallo stesso Hugh Hefner, il suo creatore. Preciado si concentra su un’attenta analisi delle origini, degli obiettivi e proposte all’interno del quadro storico-politico della della società americana. Ma tale analisi – ricca di fonti come articoli e riferimenti bibliografici – non ha alcune pretese storiografiche: Pornotopia risulta invece un saggio di critica della cultura che «si dedica alla vivisezione dei sistemi semiotici», focalizzandosi sull’analisi dei discorsi massmediatici e sulla nuova logica con cui venivano concepiti gli spazi. Unico neo dell’edizione qui presente è l’assenza (nonostante i riferimenti didascalici nel testo) al corpus di venti immagini cui fa riferimento.

Secondo Preciado, potremmo inquadrare Playboy nell’era dei post- (postfordista, postindustriale, post-domestica) in una forma nuova di capitalismo che appunto chiama farmacopornografico, emerso a metà degli anni ’40 e consolidato nel mondo occidentale dopo la crisi del 1973.

In quel contesto, intorno al 1953, nella città di Chicago fu dato alle stampe il primo numero della rivista che conteneva una foto sensuale e provocatoria, divenuta poi cult, della giovanissima Marilyn Monroe. Da lì ha inizio un progetto dirompente e controcorrente rispetto alla riaffermazione nazionale di quegli anni della monogamia e della famiglia tradizionale che abitava soprattutto le zone suburbane:

La polarità casa suburbana-centro urbano produce una segregazione di genere e razza molto più violenta di quella che aveva dominato lo spazio metropolitano del diciannovesimo secolo. Mentre gli uomini guidavano le loro automobili sulle nuove autostrade verso i luoghi di lavoro, le donne e i bambini restavano reclusi nelle enclave suburbana. […] Gli anni del dopoguerra si potrebbero caratterizzare come l’epoca dell’estensione e consolidamento di un insieme di norme di genere e sessuali che costituiranno quello che più tardi Adrienne Rich chiamerà “imperativo eterosessuale”. Come la casa unifamiliare e l’automobile, la mascolinità e la femminilità del dopoguerra sono assemblaggi standardizzati che rispondono a uno stesso processo di industrializzazione.

Con il lavoro del senatore McCarthy, ci fu una rinascita di modelli performativi di genere, la costruzione di figure come quella della “casalinga perfetta” e del “padre che lavora”, come scrive Preciado: «La casa suburbana è una fabbrica decentrata per la produzione di nuovi modelli performativi di genere, razza e sessualità». Ed è proprio qui che si inserisce la grande rivoluzione di Playboy, una rivoluzione sessuale che farà uscire il maschio dalla realtà monogama della realtà suburbana e, allo stesso tempo, ingaggiando una difesa a oltranza dell’eterosessualità e del consumo per fugare ogni sospetto dei vizi anti-americani: rispettivamente l’omosessualità e il comunismo (che è alla base della Guerra fredda, lotta interna contro i soldati “malati” e lotta esterna contro i russi stalinisti).  Playboy attuerà una rivoluzione che libererà (solo e unicamente) la sessualità maschile scompaginando l’etica vittoriana che poneva un confine netto tra pubblico e privato e le rispettive associazioni con la diade maschio-femmina. Tuttavia lo spazio domestico, solitamente luogo deputato alla femminilità, in cui si sarebbe dovuta praticare la nuova forma di machismo, doveva inevitabilmente essere diverso dalle villette unifamiliari. Per prima cosa bisognava allontanare il “giovane coniglio”, lo scapolo, il playboy appunto, dalla realtà familiare monogama: ecco che poteva leggere la sua rivista e avere incontri sessuali con ragazze che scacciavano il desiderio di famiglia e procreazione. Ma oltre alle conigliette, Playboy funzionava come rivista di architettura, realizzando il mito della casa dello scapolo che “caccia” la sua preda aiutato da una combinazione di dispositivi tecnologici come il mini-bar domestico, il letto girevole, tende traslucide, cucina multi-tech e copertura dietro uno schermo in fibra di vetro. Il risultato di Playboy fu, grazie al potere performante della rivista, di condurre gli uomini in uno spazio esclusivo rivolto solo agli appartenenti a quel genere: l’ufficio, l’attico, la macchina, i club, il palazzo e gli hotel dell’azienda, dove non cercavano di produrre l’unità familiare, ma di generare pieno piacere. Hefner in vestaglia, pantofole e pipa diventata icona dello scapolo, dell’uomo da interno, che si riappropria di uno spazio che prima era esclusivo della donna, ma fugando ogni dubbio riguardo ai suoi gusti sessuali. Infatti, non è un caso che la rivista oltre a mostrare foto di donne provocatorie, pubblicava relazioni e articoli di noti designer e architetti.

Proprio quando la mascolinità  viene ridefinita, lo stesso accade, in negativo, alla sessualità femminile: madri, mogli e casalinghe vengono escluse da questo nuovo campo post-domestico. La compagna ideale era “la ragazza della porta accanto“, la provocante vicina, giovane, non desiderosa di sposarsi e fondare una famiglia.

Ma centrale è il rapporto tra architettura e sessualità e questo fa Preciado: approfondisce l’analisi degli spazi. E proprio in questo ambito conia il concetto di pornotopia, che indica un uso particolare dello spazio, un tipo di eterotopia – che Foucault usava per riferirsi a “un altro spazio”, un luogo in cui spazi e concetti “incompatibili”, non correlati alle norme morali, sono collegati e sovrapposti. La pornotopia è uno spazio rivolto solo alla sessualità, praticato, vissuto durante il capitalismo farmacopornografico. Playboy, come pornotopia, incorpora una serie di tecnologie che daranno vita a diverse aree dell’arcipelago dell’azienda (club, hotel e residenze). Queste aree al tempo erano prodotti spaziali che sfuggivano ai regolamenti legali o morali. A tal riguardo Preciado recupera la teoria di Agamben sui luoghi d’eccezione in cui gli spazi stessi avevano capacità performativa. Situati in periodi di postfordismo, piacere e lavoro erano considerati sfere indivise. In questo modo Hefner, che lavorava sempre con il suo pigiama, aveva costruito un appartamento dove viveva nei suoi stessi uffici di Chicago e quindi trasferiva il suo spazio di lavoro nella sua casa. Anche il letto stesso, con le sue connessioni multimediali, era sia un luogo di riposo che di obblighi, in quanto telecamere eternamente presenti permettevano di registrare e diffondere ciò che stava accadendo in esso, cancellando la divisione tra privato e pubblico e attuando una forma di sorveglianza mediatica perpetua.

 


Conclusioni

Pornotopia di Preciado è un saggio chiaro, estremamente illuminante, scevro da ogni forma di moralismo, che offre un modo per ripensare la mascolinità come è ora concepita. Allo stesso tempo, spiega la produzione di una nuova soggettività eterosessuale, analizzando un’azienda che è stata la chiave della società americana dagli anni 1950 e mostrando il potere che tuttora i mass media hanno. È un contributo originale agli studi sulla Guerra Fredda che funge da scenario in cui l’industria farmaceutica e pornografica emerge, menttendo radici negli Stati Uniti. E da lì, Preciado guarda Playboy, concentrandosi su una critica culturale, decostruendo e sfruttando una prospettiva poliforme – politica, teorica, storica e filosofica – che getta nuova consapevolezza e insegna un metodo di analisi innovativo ma, soprattutto, estremamente produttivo per comprendere la nostra realtà e l’eredità culturale con cui ci dobbiamo inevitabilmente confrontare.

 


 

Dove acquistarlo: (linkPornotopia. Playboy: architettura e sessualità

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